Il Notaio

L’Azienda Agrituristico Venatoria La Liberata è stata voluta da Paolo Sedino. La cascina e i terreni annessi sono da generazioni di proprietà della famiglia Sedino.

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Ieri, martedì, il sole aveva un aspetto crudele. Luce intensa, sullo sfondo di una tenebra improvvisa, ingiusta, spietata. Ieri, martedì, si è spento il notaio Paolo Sedino. Aveva 76 anni. Se n’è andato serenamente, in una giornata di settembre dal sapore ancora estivo, come a volersi congedare da questo mondo (e non, crediamo noi, dall’esistenza nel suo senso più eterno) prima di affrontare il grigiore dell’autunno. Sarebbe inopportuno, oltre che impossibile, azzardare qui un riassunto esaustivo della vita e delle buone opere di Paolo. I tempi e gli spazi di un giornale certo non agevolerebbero il compito. Basti dire che era una persona per bene. Un signore. Un uomo saldamente ancorato a valori sempre meno comuni. La retorica vuole che ognuno di noi morendo lasci un vuoto. Non è sempre vero, ma nel suo caso la perdita è di quelle incolmabili. Paolo Sedino, almeno alle nostre coordinate geografiche, non era “un notaio”, ma il Notaio per antonomasia. Incalcolabile il numero di persone che nel tempo ne hanno saggiato le doti professionali, tutte all’insegna della competenza e della serietà. Ma Paolo non era solo un immenso professionista. Era soprattutto una persona straordinaria. Rientrava a pieno titolo in quel segmento di umanità beneficiata dal Padreterno di un intelletto vivace, aperto alla conoscenza e sospinto da quell’appetito di sapere che si chiama curiosità. Aveva un’intelligenza fine, molteplici interessi culturali, un marcato senso dell’umorismo e la piacevole inclinazione alla goliardia. Era, insomma, colto e brillante. Eppure sapeva apprezzare come nessuno l’umiltà della terra. Adorava i profumi, la sostanza, le forme dell’amata campagna lomellina. Radici profonde e mai recise lo legavano al retaggio del mondo contadino, sua culla natale. L’infanzia sul proscenio della “borgata”, le ultime case di Gambolò verso Remondò, la spensieratezza come regola aurea del farsi adolescente. Poi gli studi, la laurea in Giurisprudenza, la scoperta del “mondo grande” appena fuori dall’uscio del crepuscolo rurale. Un percorso pieno di soddisfazioni, che tuttavia mai lo ha portato a tradire le sue origini. Ancora di recente Paolo vedeva nei campi una sorta di Eden. Il Paradiso a portata di mano, teatro privilegiato del tempo di svago concessogli dal lavoro. Chiudendo gli occhi sembra di vederlo sul sedile di un piccolo trattore d’epoca, con le maniche della camicia rivoltate, a sollevare la polvere di una stradina sterrata. Lì, avvolto dagli scoppiettii del motore, con quel suo sorriso buono e le mani che giocano col volante… C’è poi un ultimo aspetto, di ordine morale, che deve essere qui evidenziato. Probabilmente il più importante. Ed è che il cuore di Paolo Sedino era pieno d’amore. Amore per i propri cari. Amore per Stefania, sua figlia, manifestato in gestualità ed espressioni di incommensurabile affetto. Amore per la vita, per la bellezza del creato. Di contro non sapeva odiare. Dove altri avrebbero reagito con il rancore, lui metteva compassione. Nell’amarezza del momento, è dolce immaginarlo in cielo a dar la caccia alle nubi, felice come un bambino. 

Addio, Paolo. Addio.

Tratto dal Settimanale “La Lomellina
di Mercoledì 7 Settembre 2016